Mi ritrovo a scrivere questa storia non per voglia, non per entusiasmo, ma, diciamolo onestamente, per noia. Siamo a metà agosto e mi ritrovo influenzato, sdraiato sul divano sotto ad una coperta di Darth Vader a distruggermi di serieTV. Netflix grazie di esistere!
Dopo ore a distruggere neuroni, ho pensato di rivolgere il mio tempo verso qualcosa di più produttivo… queste tre parole in croce. Volevo scrivere “questo bel racconto” ma, siamo sinceri, non sono Roal Dahl.
Per l’avventura che vi andrò a narrare oggi, bisogna tornare indietro di un po’ di mesi. Per l’esattezza torniamo al periodo post natalizio, tra il 24 ed il 31 Dicembre. Per i comuni mortali questo è il periodo delle abbuffate e del “fa troppo freddo per uscire”. Per noi ciclisti un po’ psycho, invece, è il periodo della miglior sfida dell’anno il “Rapha Festive 500”.
Per i non cicloappassionati, questo è un evento online che consiste nel riuscire a percorrere almeno 500km in sella alla propria bici in quei pochi giorni che separano Natale da Capodanno. È un brevetto, cioè a obbiettivo raggiunto ti spediscono a casa una bella toppa per ricordarti quanto sei stato deficiente durante le festività. Lo organizza la Rapha, una marca di vestiario tecnico super snob, super figo e super caro.
Diciamo che molta gente se lo studia molto bene e fa delle cose stupende: ragazzi che si buttano nelle Dolomiti in pieno inverno alla ricerca di se stessi e delle tradizioni pagane più antiche, australiani fuori di cotenna che lo finiscono in un giorno solo, e così via.
Ecco, anche io volevo fare qualcosa di fico e l’idea iniziale è stata: “minchia, facciamoci una sparata in un giorno solo”, ma neanche il tempo di fare i calcoli sul percorso che già mi resi conto del l’impossibilità della cosa – maledetti Australiani, da loro è estate, facile farsi 500 km con il caldo e svariate ore di sole. Punto per una scelta più ovvia: lasciare tutto al caso. E cerchiamo semplicemente di chiuderla.
Cercherò di riassumere i giorni, cosa che risulterà molto difficile.
Allora ragazzi, ecco qui la mia prima Festive500.
Giorno 1: Per facilitarsi la vita di solito si scelgono percorsi il più pianeggianti possibili, non sto qui a spiegarvi il perchè , mi sembra abbastanza ovvio. Vivendo tra le alpi e le pre-alpi i piattoni scarseggiano, dunque si ripiega sul classico, il Lago di Como.
Il 23 Dicembre mi metto d’accordo con Marco, un ragazzo della Brianza con sicuro più Festive di me alle spalle. Preparo il necessario per l’avventura del giorno dopo strati e strati di vestiti. Siamo a dicembre: vestirsi a cipolla è obbligatorio. Beh, che dire, ormai se avete seguito le mie avventure precedenti lo sapete benissimo come ci si prepara ad una pedalata estremamente lunga e fredda.
24 Dicembre, ecco iniziamo, alle 08:00 sono mi ritrovo già a pedalare in direzione Como, una giornata stupenda, cielo azzurro neanche una nuvola in cielo, però madonna quanto fa freddo. Speriamo si scaldi un attimo durante il giorno.
Sono a Chiasso finora tutto bene, ovviamente sono l’unico pirla in giro per strada la vigilia di Natale alle 8 del mattino. Prima di passare il confine mi fermo al volo a prelevare qualche euro sperando in una o più pause caffè. Esco da Maslianico sentendo un fischio provenire dalla mia ruota dietro. Eccola, ecchecazzo, la foratura prima di aver effettivamente iniziato la pedalata. Una rabbia mista a delusione che non potete nemmeno immaginare, delusione data anche dalle mie super skills meccaniche che mi porteranno a cambiare un copertone in “solo” 20 min… va beh, andiamo oltre, sono già in ritardo con più di 150km da affrontare e con la camera d’aria di scorta già usata… onestamente se succedesse qualcosa sarei nella merda vera.
Dai, ci sono, arrivo sul lungolago di Como a pochi metri dal Duomo (il punto di ritrovo con Marco e Matteo, i brianzoli.) Neanche il tempo di gioire un minuto che pssssssssst, porca di quella vacca, mi è partita la camera d’aria davanti.
Ed eccomi ad iniziare il mio primo Festive smadonnando come un disperato mentre spingo la bici verso Marco e Matteo. Bona, basta, sono fottuto, nessuna camera d’aria di scorta e nessun negozio di bici aperto. Son già mentalmente sul treno di ritorno verso casa.
Matteo detto Motorino, nel momento in cui si offre di cedermi la sua camera d’aria di scorta, diventa immediatamente San Motorino.
CAZZO SI!!!!! Si parte.
Decidiamo di farlo in senso antiorario, così da non doverci fare la parte di Bellagio per ultima, visto che risulta quasi tutta in salita; sembrerebbe una scelta saggia.
Cosa vi devo dire… purtroppo questo articolo risulterà molto noioso e poco di entusiasmo perché, siamo onesti cazzo, è tutto piatto, si bello c’è il lago pero oh, dopo tre ore di piatto anche il passista più agguerrito si rompe i cosiddetti. Difatti taglierò breve, il giro è stato figo, lungo, con un po’ di pause per fortuna. Ci fermiamo per l’ultima volta a Cernobbio, io devo tornare verso Lugano e Marco verso la Brianza. Matteo purtroppo non ha potuto finire tutto il giro con noi ma si è dovuto staccare prima.
I 30 km finali da Cernobbio a casa riassumono la prima giornata di questa avventura: male alle gambe, umore a terra e freddo nelle ossa. Ecco cosa è stata la prima giornata.
Molta fatica.
Giorno 2 : è Natale! Giustamente, dopo aver mangiato come un suino, decido di uscire a farmi un altro lago oggi, quello di Lugano. La solita solfa invernale, 67 km in pianura per capire di essere l’unico pirla in giro il giorno di Natale.
Giorno 3 : Mi sveglio e guardo fuori dalla finestra: nevischia. La nebbia cazzo non è proprio il massimo. Fa niente, tanto prima ho un paio di kg in più da prendere a un altro pranzo di famiglia. Finito il pranzo, decido lo stesso di rotolare nei Bib e nella giacca invernale e mi metto in sella munito di luci e tanta buona volontà. A rincuorarmi c’è il fatto che la destinazione di questa pedalata è casa della mia dolce metà, dunque sono sicuro di andare verso un abbraccio caldo e tanto cibo. 39 Km in mezzo alla nebbia è stato fantastico un esperienza unica, mistica.
Giorno 4 : 27 dicembre. Una giornata terribile. Un turno lavorativo che non mi permette di pedalare ed il maltempo non aiuta. Cazzo, panico totale, chissà se riuscirò mai a finire quest’impresa…
Giorno 5 : Questa giornata è stata la giornata del ripiego. Otto ore di lavoro a pensare che giro poter fare per prendere chilometri, ma sono stanco morto e non voglio andare lontano da casa. Mi sto sentendo una merda, voglio completare a tutti costi questa cosa.
Finito il lavoro, decido di stare vicino a casa e di fare una delle cose più odiate da ogni ciclista, farò lo stesso giro più volte. Passare sulla stessa strada più volte è una delle cose peggiori da fare, però, come già detto all’inizio, questa è la giornata del ripiego, dunque munito di luci e di poca voglia mi ritrovo a fare Agno – Melide più e più volte finendo in 70 Km di passo e ripasso. Una nota positiva la devo aggiungere, la luce rossa del tramonto invernale sulle montagne che costeggiano il lago è qualcosa di spettacolare.
Giorno 6 : Paura. Devo riprendere il fiato da queste pedalate e far riposare un attimino le gambe, oggi si lavora e dopo non si fa un cazzoooooo.
Anzi: si pianifica l’ultima uscita perché il 31 mi tocca lavorare e mi mancano un 100 km per completare il brevetto.
Mi metto d’accordo ancora con Marco, partiremo da casa sua in Brianza per andare a cercare un altro lago. Stavolta qualcosa di lontano e qualcosa di sconosciuto per entrambi.
Domani si va a vedere il famoso Lago D’Iseo, anche se ormai è tardi per poter ammirare la passerella a mo di tracciato di Mario Kart. Che peccato. Dopo aver stabilito orario di ritrovo e giro, mi preparo tutte le cose per il giorno dopo e carico già il Caad – si, ho cambiato bici: ora ho un bellissimo cannone nero come la morte- e tutta l’attrezzatura in auto.
Giorno 7 : Sveglia alle 06:00. Colazione con marmellata di castagne. Si, purtroppo non avevo ancora scoperto il vero nettare divino – nocciolata senza late is the way. Alle 06:30 sono già in macchina e diretto verso casa di Marco. Alle 08:00 lasciamo casa sua direzione Iseo. Decidiamo di passare prima per la parte alta, cioè di fare tutti i saliscendi a Nord sopra Bergamo, così evitiamo le statali della pianura padana ed evitiamo la città di Bergamo.
Allora, la prima parte di strada è molto collinosa e trafficata, e non me lo aspettavo; tuttavia, la seconda parte prima di arrivare al lago diventa molto bella, è tutto immerso nelle vigne, ma una volta raggiunto il lago inizia il vero spettacolo. Il lago risulta veramente pianeggiante, però la strada è una meraviglia.
All’inizio passa attraverso alcuni oliveti, poi prosegue lungo un versante roccioso. Praticamente la strada rimane scavata su questa enorme parete di roccia bianca, per poi passare attraverso alcune gallerie, sino a finire su un versante pianeggiante con qualche tipico villaggio da lago – ovviamente niente di che, tutti piccoli villaggi e non proprio stupendi, però la natura è splendida. Una volta arrivati a Pisogne, inizia la pista ciclabile ed è una cosa fuori di testa. Praticamente, la pista ciclabile è scavata dentro la roccia, ed è un susseguirsi di gallerie e di paesaggi mozzafiato. Essendo pieno inverno, non c’è anima viva sulla strada.
Se avete possibilità di andarci, veramente dovreste farlo, è una cosa stupenda. Finita la pista ciclabile – devo dire che è l’inizio della fine – si torna in un piattume infinito, e non sazi di questa assenza di salite, decidiamo stupidamente di passare sotto la città di Bergamo, in modo da non passare due volte dalla stessa strada. Uno degli errori più grandi di tutti. Ci ritroviamo su una strada principale super trafficata, con gente che ti sorpassa a 100 km/h a 3 centimetri dal braccio. Madonna santa le bestemmie. Inoltre, siamo circondati dalla pianura padana. La verità più assoluta l’ho sempre trovata nella barzelletta: “Dio creò la Padania, poi si accorse dell’errore e creò la nebbia”. Scusate amici Milanesi & company, ma quelle statali lì sono la nemesi del ciclismo. O almeno del mio ciclismo.
Dopo 40 km di pianura il sole inizia a scendere e a scomparire, decidiamo quindi di fermarci al volo a mangiare qualcosa per recuperare minimamente le forze. Un litro di Coca Cola a testa, e speriamo di ritrovare un po’ di energie da quella bevanda a base di malessere e zucchero. Adesso inizia la parte dura. Abbiamo già 200 km alle spalle e dobbiamo tornare a casa di Marco, che si trova bene o male al centro della Brianza, quella collinosa. Siamo stanchi, le gambe bruciano e psicologicamente io sono distrutto, quella strada principale è stata distruttiva. Ma andiamo e riusciamo ad affrontare tutte le salite fino alla macchina, fino al traguardo. Sono MORTO.
Giorno 8 : Lavoro tutto il giorno. La bici non si tocca più.
Come detto in precedenza, questo racconto non è granché. Racconta un’avventura di più giorni in pochissime parole.
È stata un’esperienza tosta e consiglieri ad ogni ciclista di provarci e di non cercare di fare queste cose solo in estate. Non ha senso farle con il caldo e con la bella stagione: sono capaci tutti così. Io ho preso questa ‘sfida’ come una questione personale, come un sacrificio da fare per dimostrare quanto si ami la Bicicletta.
Mi spiace se vi siate annoiati tanto con queste parole, però spero che le fotografie vi abbiano reso un po’ meglio l’idea di che avventura è stata per me e di cosa è stato per me il Festive500.
L’anno finisce il 31 dicembre, e ogni chilometro fino a quel giorno conta, e parecchio.