Siamo al 2 di gennaio. Appena uscito dalla solita influenza stagionale decido che bisogna inaugurare il nuovo anno con qualcosa di grosso, magari un bel passo alpino, ma mi accorgo di quanto poco sia in forma, dunque ripiego su qualcosa di locale. Passo tutta la serata del 2 su google maps per cercare qualcosa di nuovo, qualche stradina nascosta. Tra una tazza di thè e l’altra, trovo qualcosa di interessante: mi accorgo che salendo per la valle d’Arbedo c’è una bella salita su fino alla capanna della Costa, un muro asfaltato di 13km con pendenza minima del 7% e massima del 14%. Una cosa tranquilla, in fondo, però il fatto di dover scendere dallo stesso versante non mi garba per niente. Mi informo un po’ online e scopro che la strada sale ancora fino alla capanna del Gesero per poi scendere dal versante Grigionese passando dal Monte Laura e arrivando a Roveredo. Perfetto, tramite street view guardo lo stato dello sterrato, è gravel, niente di terribile.
Scrivo subito ai miei cari compagni di avventure/cazzate Tullio e Richard mi metto d’accordo per la partenza, mi sembrano entrambi molto positivi del giro. Finisco di preparare il materiale, gel, barrette e la banana che non può mai mancare. Finiti i preparativi mi corico felicemente.
Sveglia 08:00, relativamente tardi, adesso mi spetta il compito più arduo di tutti: infilare bib e baselayer, non so come ma è una maledizione, la prima volta finisce sempre che li infilo al contrario. Okay ce l’ho fatta, colazione time: ovviamente con la marmellata di castagne, sacra dispensatrice di zuccheri.
Esco di casa e mi accorgo che fa un freddo cane, ho la pelle d’oca sotto i bib, questa giornata promette benissimo. Faccio due pedalate fino alla stazione di Lugano dove prendo il treno verso Giubiasco. Viaggio in treno tranquillo a parte il rene che ho dovuto lasciare li per il biglietto, un rene per 20 minuti… mamma mia, sta Svizzera. Arrivato a Giubiasco mi ritrovo con Richard, l’uomo più attrezzato al mondo: cioè quel ragazzo ha 3 portaogetti sulla bici ed uno zainetto sempre in spalla, è stupendo uscire con lui, sembra di girare con l’auto di supporto. Pedaliamo verso Arbedo dove ci vediamo con Tullio,il trentenne più fuori di testa che conosco. Beviamo un caffè prima di partire, fa veramente freddo. Iniziamo a salire e iniziano già i problemi: in mezzo ad una rampa al 10% c’è una barriera che blocca la strada e clippare al 10% non è simpatico. La salita riprende ininterrotamente, sale sale cazzo non spiana mai ma saliamo spensierati, parliamo del più e del meno come delle adolescenti, probabilmente perchè siamo ancora all’oscuro di cosa ci aspetta. Arriviamo ad un tornante con una vista mozzafiato ci fermiamo a fare qualche foto, guardo il Garmin 11.5km 1250m scalati, mica male.
Riprendiamo a pedalare dopo aver concluso la session di foto ignoranti, rampa all’11% , un tornante, un’altra rampa al 12% e qui iniziano le bestemmie del povero Tullio presentatosi con un buon rapporto da scalatore, 39 davanti-25 dietro ed i poveri di coscia possono accompagnare solo.
Dopo un tornante la strada diventa completamente in ombra e lì comincia la vera avventura. La via è completamente innevata ma non ci fermiamo, non possiamo tornare indietro: dopo 13 km di salita non si torna indietro. Si decide per la via meno pratica, bici in spalla e si cammina.
“Tanto saranno una ventina di metri” dico convinto agli altri due che iniziano ad insultarmi pesantemente 200 metri di neve dopo. In fondo lo so che mi vogliono bene, molto in fondo, non in quel momento.
Passiamo una coppia di alpinisti che ci guarda in malomodo – chi non lo farebbe – per miracolo arrivamo alla fine della salita e non c’è piu neve, perfetto. 50 metri di asfalto per poi iniziare la sessione di gravel, ancora qualche pezzo ghiacciato ma niente di che. Adoro il gravel: troppo divertente, talmente divertente che non mi rendo conto che davanti a me si erge una rampa di 1 km al 10% completamente innevata e adesso sono io che bestemmio come un maledetto.
Passiamo anche questa, alla fine non era gran cosa, abbiamo potuto continuare le nostre chiacchiere da lavandaia senza problemi, parlando arriviamo in cima 1700m. C’è il sole la cosa che ci rincuora piu di tutto.
La strada praticamente non scollina ma c’è una galleria costruita nel 1940 che passa attraverso la cresta della montagna, unendo il versante Ticinese a quello Grigionese; all’entrata di questa ci fermiamo per mangiare una barretta e metterci l’antivento. Siamo soddisfatti, è stata una salita piena di imprevisti ma bella.
Ci buttiamo nel buio totale della galleria facendoci strada con la luce del telefono, è una trappola mortale: ghiaccioli di 40 cm sporgono dal soffitto e non si vede ad un metro di distanza, vediamo la luce in fondo al tunnel (però non quella seria, per fortuna), usciamo incolumi dalla galleria. Davanti a noi si estende un paesaggio completamente in ombra e congelato.
La prima parte della discesa consiste in un incrocio tra una gara di ciclocross e di pattinaggio acrobatico, un sali e scendi da sella continuo e camminate su lastre di ghiaccio.
3 km di discesa in completa balia del ghiaccio, all’altezza di Laura ( paese ) il ghiaccio finisce cosi ci possiamo buttare in una discesa fredda ma tranquilla. Mi fermo prima di una piccola galleria perchè un ruscello che attraversa la strada è gelato, faccio segno agli altri due di fermarsi e di fare attenzione alla lastra di ghiaccio, neanche il tempo di fare un passo che Tullio ha già il culo per terra. Ma fa niente, sta bene, le cadute fanno parte del pattinaggio artistico.
La discesa inizia ad essere insidiosa per via di tutte le pietre e le foglie secche sulla carreggiata, ma cerchiamo di prestare attenzione, cioè, siamo sopravvisuti a salite e discese ghiacciate! E neanche il tempo di avere questo pensiero che sento un tonfo dietro di me,mi giro e ritrovo Tullio immerso in un mucchio di foglie secche. Un sasso gli ha bloccato la frenata lasciando un bella sgommata di un paio di metri sull’asfalto; ma sta bene, anzi la prende sul ridere, per fortuna.
Arrivati a Roveredo siamo contenti che sia finito, ma eravamo troppo convinti ed è qui che Tullio ci riferisce di aver anche bucato.
Durante la sostituzione della camera d’aria , ed il gonfiaggio semi pornografico di questa (cioè le pompette portatili sono troppo ingoranti, dai pensateci) Tullio ci guarda e con un viso da cane bastonato ci dice “Adesso però basta, voglio andare a casa, io con voi due non ci esco più”.
Arrivati alla stazione di Giubiasco con una birra in mano, recovery tossico-style, penso tra me e me che in fondo è stato fantastico, e guardando gli altri in faccia suppongo che anche loro stanno pensando che è stata un’idea brillante.