Sconfitto

Durante la cena di domenica 12 marzo, tra una discussione e l’altra, io e mia madre ci accordiamo sull’andare a trovare mia sorella a Losanna. Questa decisione mi lascia con dei sentimenti molto combattuti: da una parte non vedo la mia amata sorellona da tempo e siamo stati separati anche per i nostri compleanni  pensate: io lo faccio il 3 marzo e lei il 4!) però d’altro canto – cazzo – non posso perdermi un weekend di pedalate, specialmente dopo una settimana di esami.

Questa cosa mi sta corrodendo dentro. La mattinata del lunedì è un susseguirsi di pensieri, devo trovare una soluzione, non posso scaricare così la mia famiglia ma ho anche delle responsabilità verso la mia bicicletta. È durante la pausa pranzo che arriva l’illuminazione: lascio in pausa la squisita insalata preconfezionata e corro a chiamare mia madre, IO CI VENGO IN BICI! esclamo tutto felice e fiero come se avessi scoperto l’acqua calda, o la ruota. Dall’altro capo della cornetta sento solo un “okay” rassegnato.

Così iniziano i preparativi, sono gasatissimo, ma mi accorgo che effettivamente Lugano-Losanna è un po’ lunghetta ed impossibile da compiere in un giorno solo, visto che sono 312km con un bel passo completamente innevato in mezzo. Cerco un’ alternativa valida, la prima cosa che mi viene in mente è di prendere il treno fino a circa metà strada, e poi proseguire in bici.

Riservato il treno fino a Berna, poi 100Km collinosi fino a Losanna per poi tornare domenica sera in auto con mia madre, che salirà venerdì mattina.

Finalmente arriva venerdì, ma con questo arrivano anche le brutte notizie: acqua assicurata al 90% con temperatura intorno ai 6C°; non mi perdo d’animo, non saranno due gocce d’acqua a fermarmi, col cazzo! Altrimenti non sarebbe un’avventura: un ciclista che non ha mai preso acqua non è un ciclista completo.

Dopo l’ultimo corso arrivo a casa, tiro insieme tutto il necessario:
-Bib Invernali
-Giacca invernale waterproof
-Mantellina
-Sovrascarpe impermeabili
-Prima pelle invernale
-Scarpe, Casco e accessori vari
– Madonna santissima non ho i guanti impermeabili
-Oggetti personali imbustati in sacchetti di plastica
-Così tante barrette che nonostante l’attività fisica potrei arrivare a Losanna obeso.
-Ponc ingrassato,pulito, munito di scarpe di scorta e luci ( che splendore la mia biga )

Tra una cosa è l’altra si è fatta sera, e imposto la traccia GPS Berna-Losanna sul Garmin. Sono così eccitato che decido di fare il PRO, voglio il carboloading, cosi mi riempio con 320g di pasta fresca ottenendo come risultato un venerdì sera passato sul cesso. Non chiedetemi come mai, ma vi assicuro che certamente non sembravo un PRO.
Un’oretta dopo ed un paio di kg in meno, piazzo la sveglia alle 06:00 e mi butto a letto. Mi sento come un bambino la vigilia di Natale ( a parte l’intestino completamente fuori controllo) e mi addormento tranquillo.

CI SIAMO, sabato è arrivato; un bel sabato soleggiato, uno di quelli che solo il Ticino ti sa regalare: un lago azzurro che riflette le nostre cime, mozzafiato, mi prendo la mia mezz’ora per fare colazione con questo panorama. Zweiback, burro e una cascata di marmellata di castagne.

Dopo essermi caricato per bene di zuccheri inizio la solita procedura di vestizione che manco gli astronauti! Tra bretelle, cerniere e sovrascarpe il ciclismo è pari a l’ingegneria. Finito carico in spalla la bici, chiudo l’appartamento e mi dirigo in stazione, devo prendere il treno delle 07:43 per Basilea, ma devo scendere a Lucerna per cambiare con uno in direzione Berna. Il treno arriva alle 07:43 spaccate (quando succedono queste cose penso che è davvero bello vivere in Svizzera).

Il viaggio fino a Lucerna procede tranquillamente, anzi è addirittura molto piacevole.
Cambio treno senza neanche perdermi, che per me è un gran successo  (anche se devo ammettere che questo cambio consisteva nello scendere dal treno e salire su quello in faccia).
Sul treno per Berna mi ritrovo nello stesso scompartimento di tre vecchiette Ticinesi, le tre vecchiette più Hipster di sempre; una, addirittura, aveva i risvolti e le calze di Frida Kahlo (o come diamine si scrive). Sentendomi parlare al telefono in italiano attaccano subito bottone, iniziamo a parlare un po’; mi raccontano che ogni weekend vanno in giro per i musei svizzeri e in settimana vanno a cantare nelle case anziani. Cazzo, ‘ste qua hanno più vita sociale di me.

Eccoci, finalmente arrivo a Berna e ad accogliermi c’è una giornata buia e bagnata, molto bagnata: se prendevo la canoa al posto della bici era meglio. Fa niente, ormai sono sul punto del non ritorno, accendo le luci e faccio partire il Garmin. Ci siamo, partiti!

Riesco a sbagliare strada due volte nell’arco del primo km, finalmente imbocco la strada principale per uscire dalla città, e man mano che le case vanno a diradarsi mi accorgo di una certa brezza che inizia ad alzarsi; non me ne curo, tanto sono più concentrato dal tec tec tec tec tec delle gocce d’acqua sul casco.
È una tortura cinese. Dopo 4 km sono completamente zuppo, la sensazione dei bib bagnati e freddi contro la coscia è come se ci fosse il crampo dietro l’angolo.

Per chi non lo avesse mai fatto, pedalare sotto la pioggia è una bella sensazione: tutto risulta meno frenetico, anche i tuoi gesti si adeguano a questo ritmo, prendi tutto con filosofia, fai più attenzione alle strisce pedonali, ai tombini, ai binari del tram, tutte cose che possono costarti degli incisivi nuovi e delle clavicole in inox.

I primi Km fuori dalla città non mi pesano affatto, l’acqua non mi infastidisce per niente e neanche il falsopiano eterno che sto affrontando; in Svizzera neanche la pianura è piatta! Ho le gambe calde, ho smesso di sentire il freddo dei bib bagnati. Purtroppo mi rendo conto che la mantellina e i sovrascarpe impermeabili non sono poi cosi tanto impermeabili, ho le braccia slozze e nelle scarpe ci mancano solo i pesci. Mi sto godendo quest’avventura, è una figata!

Avete in mente come quella tenera tartarughina tutta piccola e carina di Squirtle , che si evolve in un mega Tartarugone con due maddafakka bazooka spara-maree sulle spalle?

Ecco, la brezza di cui vi parlavo prima ha avuto la stessa evoluzione, è passata da venticello primaverile a vento da bufera che uragano Katrina levate!
Mi ritrovo in discesa controvento in posizione attaco di Chris Froome al Tour de France, con la sola differenza che io pedalavo un 34/19 con fatica.
Inizia l’inferno: non riesco ad inserire il 50 neanche con tutta la forza che ho nelle gambe, sto viaggiando in pianura a 21 km/h se sono fortunato. Però non voglio mollare, non voglio! 10km, 15 km , 20 km, non demordo, ma il vento è veramente intenso, e adesso devo anche pisciare. “Dai, al prossimo boschetto mi fermo e ne approffito per mangiare qualcosa” l’idea è questa. Peccato che per 10 km di un albero non c’è neanche l’ombra. Alla fine mi fermo dietro ad una colonna di un cavalcavia. Giusto il tempo di svuotare la vescica, finisco la barretta mentre rinizio a pedalare.

I km passano ed il vento soffia e soffia sempre più forte, l’impatto che ha sul mio fisico è terribbile, ma più devastante ancora è l’effetto che ha psicologicamente su di me. È come se mi passasse attraverso il casco ed il cranio, andando a sbattere direttamente sul cervello. Mi sta facendo impazzire, ho la testa bassa sul manubrio, sto pedalando e consumando un sacco di energia per ottenere una media di 18 km/h.

Non faccio neanche più a caso al paesaggio che mi circonda, non riesco a distaccare il pensiero dalla fatica. Ad un tratto un clacson mi risveglia da questo stato di trance: cazzo, sono finito in superstrada. Riesco ad imboccare la prima uscita senza farmi arrestare o ammazzare, al 55km circa imbocco la pista ciclabile direzione Losanna. Già solo vedere quel nome apparire sui cartelli mi dà brio, qualcosa dentro di te ti sta dicendo che ce l’hai quasi fatta.

12 km di ciclabile mi portano in piena campagna: campi a destra e fattorie a sinistra. È veramente bello.  La strada inizia a prendere una piega strana, sali scendi sali scendi sali scendi, un supplizio per le gambe.

Arrivo a Lucens, un paese a 29 km da Losanna, ma il vento è diventato insopportabile, non riesco a pedalare dritto e addirittura devo ingranare il 28 per poter proseguire. Sono allo stremo psicofisico, penso di stare procedendo solo per inerzia.
Nel centro di questo paese mi si pone un bivio: un bivio stradale, un bivio mentale. Un cartello con scritto Losanna che punta nella direzione del vento, che punta ad una salita al 15%, che punta alla gloria eterna, posto di fianco ad un cartello bianco con disegnato sopra un trenino ed una scritta in francese: “Gare”.
Quel cartello è stato il mio fallimento.
Il vento, la salita, il cartello mi hanno sconfitto.

Quella sera ho raccontato la mia sconfitta a Lorenzo, mi ha risposto “Che Cuore”.
Ma non dovrebbe essere questo il ciclismo? Cuore?

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